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Dem.e.tra

Associazione di studi e ricerche

Gli scopi dell’associazione

L’Italia, dopo aver aderito a numerose convenzioni internazionali che vincolano gli Stati firmatari ad adottare concrete misure di contrasto alla corruzione e all’illegalità, ha operato una decisa svolta rispetto alle poche e sparse misure già previste dalla disciplina preesistente, con l’approvazione di una legge anticorruzione (legge n. 190 del 2012) e la costituzione di una robusta Autorità indipendente, l’ANAC, con compiti di indirizzo, regolazione e vigilanza, rivolti soprattutto alle istituzioni pubbliche (organi dello Stato, pubbliche amministrazioni, enti di diritto privato svolgenti attività di pubblico interesse).

Grazie al concorso delle organizzazioni internazionali, delle istituzioni pubbliche, di associazioni di cittadini, a partire dall’anno di avvio della nuova Autorità (2014), l’Italia, pur tra mille difficoltà organizzative (dell’ANAC in via di rafforzamento, delle amministrazioni, in gravi difficoltà operative) e mille resistenze, ha conosciuto un periodo di grande sviluppo e partecipazione democratica nella effettiva attuazione, adattamento, sperimentazione degli strumenti operativi costruiti dalla legge del 2012 e affidati alla capacità di indirizzo dell’ANAC.
Naturalmente questo fecondo periodo di sperimentazione, di riflessione e di studio non ha di per sé risolto il problema della corruzione, o più in generale della qualità (costituzionale) delle nostre amministrazioni nel garantire insieme buon andamento e imparzialità (art. 97 Cost.), ma ha avuto il merito di porre al centro della riflessione tematiche già note, ma poco sviluppate, o tematiche del tutto nuove.
L’attenzione a temi quali la centralità della trasparenza come piena conoscenza dei cittadini dei dati e delle informazioni delle istituzioni pubbliche quale misura di controllo diffuso e democratico dell’organizzazione e dell’azione delle istituzioni; la stretta connessione tra promozione della funzionalità e garanzia dell’imparzialità; la necessità di prevenire i conflitti di interesse per tutti i funzionari pubblici; l’attenzione rinnovata ai doveri dei pubblici funzionari e alla responsabilità disciplinare quale misura preventiva efficace e complementare all’avvio delle altre responsabilità (penale e amministrativo-contabile); la necessità di assicurare un armonico concorso tra repressione penale e prevenzione amministrativa, in generale l’importanza dell’adozione di misure organizzative di prevenzione del rischio, prima della produzione del danno, e la centralità del tema della qualità organizzativa delle istituzioni pubbliche, ha posto l’Italia nel gruppo dei paesi all’avanguardia, per riconoscimento delle stesse organizzazioni internazionali che hanno compiuto, nello stesso periodo, attività di monitoring delle politiche adottate e della loro attuazione.

Purtroppo, numerosi segnali ci dicono che i risultati di avanzamento della riflessione e delle conoscenze conseguiti negli ultimi anni rischiano di essere fortemente ridimensionati.
In generale il tema dell’etica pubblica non appare più al centro dell’attenzione nel dibattito politico. Nei programmi dei partiti politici essa non appare tra le priorità, non vi sono regole chiare, legislative o autopromosse dagli stessi partiti, sulla trasparenza della loro vita interna o delle fondazioni politiche, sui comportamenti da esigere dagli organi di partito e dai titolari di cariche elettive ovvero di organi di indirizzo politico-amministrativo negli enti pubblici e negli enti di diritto privato che svolgano attività di pubblico interesse (codici di condotta).
L’annoso e mai risolto tema dei conflitti di interesse non appare più oggetto di attenzione, tanto che giace ormai ferma in Parlamento la proposta di legge che mirava a contenerlo. Così come tarda a trovare risposte il connesso, crescente, fenomeno della degenerazione delle lobbies, da rappresentanti di interessi leciti a gruppi di indebita pressione sui decisori pubblici.
La stessa ANAC, anche se non apertamente posta in discussione, è continuamente oggetto di tentativi di ridimensionamento: di ruolo generale, di funzioni e poteri, di qualità dell’apparato organizzativo.
In materia di trasparenza, mentre resta aperto il tema dei modi per garantirla anche (anzi con maggiore forza) in relazione ai procedimenti emergenziali introdotti, specie nell’affidamento dei contratti pubblici per l’attuazione del PNRR, il dibattito pubblico, politico e culturale, appare centrato su proposte di “semplificazioni” consistenti in una drastica riduzione degli obblighi di pubblicazione dei dati e delle informazioni di pubblico interesse da parte delle istituzioni. Riduzione che viene giustificata con la ridotta dimensione organizzativa di molte amministrazioni o con la natura privatistica di molti soggetti che pure svolgono attività di pubblico interesse.
In tema di contrasto penale incerti correttivi a specifici reati o all’istituto della prescrizione denotano semmai una volontà di ridurre la responsabilità del funzionario pubblico (onorario e professionale) alla sola attività non discrezionale (nella pratica inesistente), mentre non mancano suggestioni per la rimessa in discussione dell’intero sistema delle conseguenze delle condanne penali sull’accesso e sulla permanenza nelle cariche pubbliche, a partire dalla revisione del c.d. “decreto Severino” (d.lgs. n. 235 del 2012).
Più in generale non viene colta la drammatica situazione operativa delle amministrazioni pubbliche, prive ormai non solo di competenze tecniche qualificate, ma anche di apparati organizzativi minimi in rapporto alle funzioni affidate. In luogo di politiche di investimento nel reclutamento di risorse qualificate, professionali ma anche “etiche”, da immettere nelle pubbliche amministrazioni, continua a prevalere la logica emergenziale della semplificazione per soppressione di valutazioni pubbliche e di controlli o, peggio, per deroga generalizzata alle regole, a partire da quelle che garantiscono la concorrenza e l’imparzialità nei contratti pubblici. L’obiettivo del “fare” presentato come bene supremo, come restituzione alla politica di poteri incondizionati, contro le regole di efficienza e imparzialità, ormai deliberatamente classificate come “burocrazia”.
Il rischio più grave è l’abbandono della riflessione e dello studio sulle tematiche connesse con la trasparenza, con l’integrità delle amministrazioni e dei loro funzionari, con la tutela imparziale e piena dei diritti costituzionali del cittadino.
C’è, quindi, un enorme lavoro di ricerca da continuare ed estendere, al di là di quanto si è fatto negli ultimi tempi. Un lavoro di approfondimento, di idee, di istituiti e strumenti operativi, di conoscenza oggettiva e scientifica della realtà effettiva, della reale capacità operativa delle istituzioni nell’attuazione delle politiche pubbliche in questo settore.
Bussola, idee di fondo per il lavoro da compiere sono:
– Al centro ci sono i diritti fondamentali dei cittadini, riconosciuti e garantiti, in primo luogo, dalla nostra Costituzione; diritti civili e diritti sociali, fortemente ridimensionati negli ultimi anni;
– Non ci sono diritti senza un giudice imparziale;
– Non ci sono diritti senza istituzioni imparziali;
– Non ci sono diritti senza istituzioni in grado di tutelarli efficacemente;
– Per garantire i diritti non basta la legge, occorrono istituzioni democratiche, funzionali, trasparenti, aperte al costante e diffuso controllo dei cittadini;
– Solo amministrazioni dotate della necessaria qualità sono in grado di tutelare i diritti e di individuare nuovi bisogni delle comunità dei cittadini: si pensi alle questioni chiave delle diseguaglianze sociali, dell’ambiente o della disponibilità di informazioni, connessa all’effettiva capacità di utilizzarle appieno
– Dopo decenni di drammatica riduzione della capacità delle amministrazioni di dare attuazione e sostanza alle politiche pubbliche, è giunto il tempo di un approfondita riflessione sulla ricostruzione di amministrazioni pubbliche di qualità adeguata al compito che la Costituzione affida loro.